“A Ronco cominciano i monti genovesi, pietre gialle, fiumi verdi azzurro, molto pittoresco. Bel sole e cielo limpidissimo…”.
(Hermann Hesse, Dall’Italia e racconti italiani, 1901)
Vecchie stazioni di montagna a nord di Genova.
Gli Appennini che nascondono la riviera di levante.
Un campanile che suona rintocchi lontani, remoti; indietro nel tempo è facile andare. Le gallerie si susseguono, una dopo l’altra, come un labirintico percorso interiore. Il treno procede, sempre più vicino alla città vecchia.
I ruscelli sotto i ponti scorrono, sonnolenti, un vecchio vestito da antico marinaio sperduto con la sciarpa rossa, la maglia a righe, porta a passeggio un cane. Guarda il treno, il treno guarda lui, gli ricorda tutti quei chilometri fatti da giovane per portarlo lontano, lontano dal paese, a inseguire una vita al di là del tramonto giallognolo, oltre le valli, oltre il sommesso fruscìo delle foglie, oltre gli scuri divelti delle finestre, oltre i rattoppi delle strade conosciute.
Il verde qui imperversa ancora sulla civiltà, la statica rassegnazione contadina non si stanca del susseguirsi delle stagioni della potatura e della mietitura.
