“Le azioni erano mostruose, ma chi le fece era pressoché normale, né demoniaco né mostruoso”.
Hannah Arendt, La banalità del Male
È possibile oggi la nascita di una nuova dittatura? Secondo il film L’onda, ispirato a una storia vera, pare di sì. Nel 1967 in California, il professore R. Jones vuole dimostrare proprio questo alla sua classe, ovvero come sia stato possibile che tantissime persone siano state attratte e infine inglobate in una dittatura, e come questo possa ricapitare facilmente. Jones dà vita ad un movimento chiamato “The Third Wave” (“La terza onda”) e convince i suoi studenti che era necessaria l’eliminazione della democrazia.
Il motto della terza onda era: “Forza attraverso la disciplina, forza attraverso l’unione, forza attraverso l’azione, forza attraverso l’orgoglio”. Giorno dopo giorno, Jones instilla nella classe il senso della disciplina, del gruppo, crea uniformità con una divisa, un saluto comune, e lui stesso è la figura carismatica detentrice del comando. Tutti ubbidiscono e tutti si sentono parte del gruppo.
Dennis Gansel, con il suo film, non fa altro che portare questo esperimento durato solo quattro giorni nella realtà, alle sue estreme e forse probabili conseguenze, se fosse proseguito per un tempo maggiore.
Se la pellicola dal punto prettamente artistico e tecnico non lascia molto da gustare sul piatto, ha in compenso una sceneggiatura di peso (che si è conquistata anche un premio al Festival di Torino). In una delle parti più interessanti del film, il professore dialogando con gli studenti fa emergere le caratteristiche che ha ogni dittatura, ovvero: una figura predominante. La disciplina. Il potere attraverso la disciplina. E quali condizioni sociali favoriscono la nascita di una dittatura? Alto tasso di disoccupazione e ingiustizia sociale. Inflazione. Disillusione politica. Nazionalismo estremo. Potere attraverso l’unità, ovvero un gruppo che si sente una cosa sola, e che ha regole comuni, un simbolo comune, un leader carismatico. Così si giunge a quella parola che fa un po’ meno paura di “dittatura”, ma che nella sostanza significa la stessa cosa, ovvero: autocrazia. Un singolo o un gruppo ha tanto potere da aver controllo su tutti.
A mettere in fila tutto ciò, a parlare delle condizioni sociali che caratterizzano la nostra quotidianità – niente lavoro, ingiustizie sociali – a momenti può venire in mente qualche movimento politico italiano di casa nostra nato proprio per combattere questi fenomeni, basato sulla figura del leader, così attento a “fare gruppo”, così ligio alle sue regole interne, così fiscale sull’uso del simbolo, così convinto di essere dalla parte del vero, del giusto, del buono, perché il resto è tutta merda, il resto pare essere tutto da eliminare, il dialogo non esiste, se non all’interno del movimento, e chi non la pensa così… non esiste, è morto. “Sono morti!” [dice proprio così un capo carismatico contemporaneo seguito da folle adoranti che riempiono le piazze] Morti. Per il momento, solo metaforicamente.