L’inverno sembrava non avere una fine, e il branco moriva di fame. Il capobranco, il più vecchio di tutti, procedeva in testa e rassicurava i giovani dicendogli che presto sarebbe arrivata la primavera. Ma a un certo punto, un giovane lupo decise di fermarsi. Disse che ne aveva abbastanza del freddo e della fame, e che sarebbe andato a stare con gli uomini, perché la cosa importante era di restare vivo. Così il giovane si fece catturare, e col passare del tempo dimenticò di essere mai stato un lupo. Un giorno di molti anni dopo, mentre accompagnava il suo padrone a caccia, lui corse servile a raccogliere la preda; ma si rese conto che la preda era il vecchio capobranco. Divenne muto per la vergogna , ma il vecchio lupo parlò e gli disse così: “Io muoio felice perché ho vissuto la mia vita da lupo, tu invece non appartieni più al mondo dei lupi e non appartieni al mondo degli uomini”. La fame viene e scompare, ma la dignità, una volta persa, non torna mai più.
[nonno Kuzya racconta una storia a Kolima. Da Educazione Siberiana, di G.Salvatores]
Se me lo concedi: “A guerra dichiarata, ho presso il mio coraggio a due mani, e l’ho strangolato”. Nulla è più alto della vita. Nemmeno la dignità e l’onore.
io penso che dipenda dalle circostanze