Una storia sbagliata

Voglio vivere come i gigli nei campi,
e come gli uccelli del cielo campare,
e voglio vivere come i gigli dei campi,
e sopra i gigli nei campi volare.

A Pa’, Francesco De Gregori

Il 5 marzo 1922 nasceva Pier Paolo Pasolini. Non mi pare, ma spero di essere smentita, che qualcuno l’abbia ricordato, soprattutto la ‘sinistra’ (sic). La stessa sinistra su cui lui aveva riposto fede e che poi lo tradì meschinamente. Da sempre egli è stato spirito libero, ribelle, artista e profetico. Per questo assassinato non solo da qualche efferato criminale, ma dall’Italia tutta, un’Italia che oggi come allora è incapace di riconoscere totalmente i suoi vizi, i suoi lati oscuri, ma più ancora di combatterli.

La poesia e l’analisi acuta della società di Pier Paolo sono state stille di luce in un mondo italico che allora si era inebriato del boom economico, lasciandosi sedurre dal mito del benessere, dei beni materiali, del nuovo, lasciando da parte e dimenticando la storia contadina, il vivere semplice ma puro e vero, l’incanto della gente non colta ma sincera, fiera, forte, leale. Valori lentamente e senza scampo sgretolati oggi nel loro massimo termine, dove chi dovrebbe promuoverli, assieme a una parità di diritti e uguaglianza a discapito del profitto – ovvero, di nuovo, la ‘sinistra’ – è troppo impegnata a rincorrere un leader che non c’è e in cui identificarsi, proprio per mancanza di identità, di progettualità socio-culturale e politica. Troppo impegnata a esaminare gli errori altrui, senza vedere la trave nel suo occhio. Incapace di parlare ai cittadini, al proprio elettorato di riferimento, che è ora in parte migrato verso emergenti movimenti politici dall’esito ancora incerto, in parte ha affidato le proprie speranze a un partito ibrido e approssimativo, fallimentare ancora una volta nel combattere lo spauracchio berlusconiano, secondo loro male di tutti i mali, e che è ora prepotentemente rimerso.

Esiste anche una terza parte di cittadini che non ha scelto nessuna di queste due strade: sono coloro che si sentono sperduti, delusi, incatalogabili, e sempre diffidenti verso chi promette facili soluzioni in cambio di un voto. Sono coloro che non possono accettare di scegliere ‘il meno peggio’, non possono decidere di ‘turarsi il naso’, come suggeriva Montanelli. E quindi rimangono isolati, proprio come Pier Paolo quando è stato tra i primi a riconoscere i primi segni della globalizzazione, prima di tantissimi altri, assieme alla distruzione delle culture particolari, alle storture della Chiesa, ai mali del consumismo, al fascismo nascosto nella società borghese e democristiana. Oggi il ‘regime democratico’ conosce il suo massimo splendore: lo si capisce soprattutto perché non ha mai più permesso che ci fosse spazio per qualcuno come lui. In questo spazio incolmabile rimaniamo noi che lo rimpiangiamo, in attesa della nascita di un nuovo poeta che ci prenda per mano e ci accompagni in mezzo a
un assolato campo di grano di quell’Italia contadina che ci ha creato e cresciuto perché anche io, come te, “darei l’intera Montedison per una lucciola”.

1 Comment

  1. Vabbè ma è meraviglioso. Hai tagliato tutto quel che nel tuo stile sbrodolava. Sei arrivata al cuore delle cose, alle parole nude. Brava Angi.

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