Generazioni Velvet

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Velvet Club, 20 maggio 2016.

Mi ero portata dietro un block notes e una penna. A dire il vero senza ragione, sapevo che sarebbero stati completamente inutili, ma spesso lo faccio. Lo faccio perché le parole hanno il potere di fermare il tempo, per un attimo, ed è quello che voglio fare ora, dopo la prima delle ultime tre sere del Velvet.

La Partenza

La serata, come tante, inizia con un rito ben preciso, che piaccia o no: i vestiti. Che sia una camicia impeccabile o una t-shirt sgualcita, che sia la borsa, i capelli blu, il taglio nuovo, il colore dei pantaloni, sai che al Velvet nessuno ti guarda e ti guarderà mai per come sei vestito, però ci tieni lo stesso, perché puoi esprimere la tua personalità più creativa, o quella che non puoi mostrare nell’orario d’ufficio, che se i colleghi o i compagni di università ti vedessero con la maglia dei Ramones o con la camicia a scacchettoni anni Novanta ti guarderebbero in modo un po’ strano. Invece al Velvet puoi, puoi tutto. Le donne mettono le Converse, al Velvet, perché al Velvet ci vai per ballare, per pogare, e tutti sappiamo che nessuna può riuscire a ballare sui tacchi. Al Velvet non ci vai per farti vedere, ci vai per divertirti davvero. Al Velvet puoi anche sudare e sporcarti il vestito che non ci fa caso nessuno.

L’Arrivo

Arriviamo al Velvet, da anni non era così pieno. Macchine parcheggiate ovunque, quasi nei fossi, davanti ai cancelli delle case. Ti chiedi perché adesso che chiude il Velvet tutti ci vogliono andare, vedi anche quelli che l’hanno snobbato per anni, insieme a quelli che “non ho più l’età per il Velvet”, quelli che «è un capannone», quelli che… eppure sono tutti lì stasera. Dai 16 ai 50 anni o forse più, tre generazioni che per una notte si incontrano, condividono la stessa musica, ricordano lo Slego, Thomas e tutti quelli che hanno contribuito a costruire questo meraviglioso mondo.

Il Drink

Al Velvet si beve, come ovunque, ma al Velvet si beve un po’ meglio, si beve di più, si beve non per fare i fighi con il drink in mano perché non si sa dove guardare o cosa fare, come in altri posti, dove tutti ti guardano e tu guardi tutti, dall’alto in basso, come vuole la pratica dei raggi X sociali. Al Velvet ci si guarda negli occhi, al bancone del bar, mentre si aspetta in fila per il primo gin lemon della serata, e nella sala Noise per fare meno fila, continui a ballare anche lì, perché la musica è troppo bella per stopparsi anche solo un attimo. Al Velvet il drink si offre alla tipa per provarci, si offre all’amica che non vedi da tempo, si offre al compagno di classe, si offre al tuo batterista… al Velvet si offre tutto, soprattutto l’amicizia.

 Il Fumo

Ci sono vari tipi di fumo che puoi incontrare al Velvet. C’è il fumo della Condensa, vero o presunto. C’è quello che si fuma davanti all’ingresso, fuori dalla sala Vertigo, e c’è quello che si fuma un po’ più lontano per non farsi vedere. C’è quello che si fuma dentro la saletta per fumatori, sentendosi un po’ reclusi ed emarginati, ma fino a che non si riempie davvero, che forse sono quelli fuori che non fumano a non aver capito niente, perché le migliori chiacchierate sono iniziate chiedendo: «hai da accendere?».

I Bagni

Sono il luogo dove la gente si spoglia, in tutti i sensi. Sono il confessionale della notte. Questo luogo così intimo e così pubblico, allo stesso momento, racchiude fiumi e fiumi di discorsi che i muri faticano a contenere. E infatti, i muri dei bagni del Velvet sono ricchissimi di materiale per semiologi, racchiudono migliaia di scritte, dichiarazioni di rabbia, d’amore, di tristezza, di entusiasmo dei migliori anni della vita, di sticker di progetti iniziati e poi finiti, dichiarazioni d’intenti, numeri di telefono, righe e righe di sprezzante ironia adolescenziale. Le donne soprattutto non possono prescindere dai bagni quale luogo di scambio comunicativo. In bagno ci si va con le amiche per raccontare a tutte del tipo che ci piace che ci ha appena guardato. O del tipo che guarda un’altra, o peggio bacia un’altra.

Il bagno è il luogo del rossetto, del ritocco veloce, delle chiacchiere con altre donne sconosciute, perché nel bagno siamo sempre tutte amiche e solidali, perché se la porta non si chiude c’è sempre quella dopo di te che vigila attenta affinché nessuno entri, reggendoti borsa e drink. Nei bagni del Velvet ieri sera ho incontrato donne di ogni età, anche quella con la maglia del Velvet di quindici anni fa, messa per l’occasione, perché anche se adesso i figli vanno a scuola, lei la serata di chiusura non se l’è voluta perdere, perché il Velvet rimane il Velvet e peccato se i suoi figli non ci potranno andare.

La Musica

Si dovrebbero spendere pagine e pagine solo per descrivere la musica del Velvet, che non è semplicemente sound o ambient o rumore. La musica del Velvet, in particolare quella dei tantissimi concerti, racchiude pezzi di storia, pezzi di arte, pezzi di vita. È una fetta di vita che nel cuore ci porteremo sempre dentro, ognuno di noi, e ognuno sicuramente ha una canzone un po’ più particolare, un po’ più sua, un po’ più vera, che ci fa sognare, che ci fa tremare ed emozionare. Ecco, quella canzone lì l’abbiamo conosciuta e amata al Velvet.

I Ricordi

Quello che senti poi semplicemente sono fiumi di ricordi, che ti fanno capire bene cosa sono stati gli anni al Velvet.  Sono le birre bevute aspettando l’alba, sono le mani sulle spalle di un amico che ha esagerato troppo o ha pianto o ha riso troppo, è musica nelle orecchie, un’alba conquistata, una ragazza pure, una canzone che ha segnato una sera, a volte una vita. Gli anni al Velvet sono un paio di occhi visti per caso e mai più dimenticati, anche se mai più ritrovati, perché anni fa non c’era Facebook o Tinder o Whatsapp, e se volevi qualcuno ci dovevi provare subito e sul serio, non chiedere allo smartphone.

Gli anni al Velvet sono anche un paio di occhi che rivedi dopo anni, con tenerezza, occhi di chi si è sposato o ha fatto figli, però non ti dimenticherai mai di voi due a cantare sotto il palco circondati dalla felicità di una notte, di un momento. Quella stessa luce negli occhi ti dice che no, non è cambiato nulla, tranne il tempo che è passato, o forse no. Già, è solo questione di tempo. Prima quindici, poi venti, venticinque, trenta, trentacinque… solo tempo che passa, che però è lì, a segnare quintali di ricordi, a costruirne altri mattone dopo mattone, in modo magnifico e inesorabile.

I Baci

Il Velvet è un bacio. Il primo, il secondo, il terzo, a volte l’ultimo di una storia. Dati sulle gradinate, dietro il palco a fine serata, nei bagni, i più belli appoggiati contro un muro, in mezzo alla pista, tra le macchine del parcheggio, dentro la No Panic Box, aspettando l’alba, in fila alla cassa. Il Velvet è anche un bacio non dato. Lasciato sfuggire distrattamente in una sera qualsiasi, un anno qualsiasi, come un ombrello perso. Lì per lì non ci dai importanza e non ci fai caso. Ti accorgi degli ombrelli persi – e dei baci perduti – solo quando piove, quando dici: «ecco adesso sì che mi servirebbe», e ti ricordi di lui, o di lei, degli ombrelli persi e dei baci dimenticati. Lasciati a galleggiare nell’aria, tra un riff di chitarra e uno sguardo a cui vorresti dire molto di più. Poi in fondo ti dici che ne puoi prendere un altro di ombrello – o di bacio – eppure era in quella notte che si sarebbe servito, zuppa di pioggia, di tristezza, con i capelli bagnati incollati al viso, sarebbe servito in quel momento, non dopo. Ma non c’è. Però c’è stato tutto il resto: le risate, gli abbracci, la musica e soprattutto gli amici, gli amici del Velvet.

Il Ritorno

Il sole sta per sorgere, la luna arancio fa capolino dalla collina, e tu te ne torni a casa, cammini lentamente verso la macchina un po’ per stanchezza, o forse solo per rallentare il tempo, i minuti che passano ancora una volta, triste e felice allo stesso tempo, perché il Velvet è qualcosa di più che un’uscita del venerdì o sabato sera. È molto più che un locale, è uno stile di vita e di pensiero. È un’epoca che voleva solo sorridere, quella degli anni Ottanta dello Slego, e che il Velvet ha cercato di riportare intatta fino ai più giovani di oggi, ogni anno con tutta l’innovazione musicale e artistica necessaria per proseguire al meglio nel tempo a venire.

Il Velvet è una generazione che racchiude più generazioni, che ogni volta che entri ti dà un abbraccio forte, come quelli stretti e pieni degli amici che ti vogliono davvero bene.

Il Velvet è un amico, che però non scompare, è partito, e tutti noi vorremmo solo riabracciarlo, in altra, forma, in altri luoghi, in altri tempi. Goodbye Velvet.

Angelica Bezziccari

Fotografia: “Restroom” © Luca Zonzini

 

 

 

 

 

 

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